“Stando così le cose,
è chiaro che la luce nella moltiplicazione infinita di sé stessa estende la
materia in dimensioni finite minori e maggiori secondo le proporzioni che
vengono a determinarsi fra di esse, numeriche cioè e non numeriche. Infatti, se
la luce nella moltiplicazione infinita di sé estende la materia nella misura di
due cubiti, raddoppiata quell’infinita moltiplicazione la estende nella misura
di quattro cubiti, e dimezzata la estende nella misura di un cubito; e così via
secondo le altre proporzioni numeriche e non numeriche. Questo, credo, fu
l’intendimento di quei filosofi che affermarono che tutte le cose sono formate
da atomi, e che ritennero che i corpi siano formati da superfici, le superfici
da linee e le linee da punti. Né questa posizione va contro quella che afferma
che la grandezza è formata solamente da grandezze, perché in tanti modi si dice
il tutto quanto la parte. In un senso infatti si dice che la metà è la parte
del tutto che presa due volte ricostituisce il tutto, e in un altro che il lato
è la parte della diagonale, che preso poco più di una volta dà la diagonale, ma
preso più di una volta supera la diagonale. E ancora, una cosa è dire che
l’angolo di tangenza è parte dell’angolo retto, nel quale sta infinite volte, e
tuttavia sottratto un numero finito di volte da quello lo diminuisce; e
un’altra è dire che il punto è parte della linea, nella quale sta infinite
volte, ma che sottratto da essa per un numero finito di volte non la
diminuisce.”
In questo estratto
del De luce, scritto da Roberto Grossatesta (1175-1253) nel 1226, è presente
un impianto prettamente deterministico basato su rapporti matematici, dato da
un lato dalla geometria euclidea, dall’altro dalla filosofia democritea, che
vedeva nell’atomo l’elemento alla base dell’esistenza, e quindi, alla base dell’essere.
Grossatesta vede la matematica come la scienza fondamentale; infatti tutte le
altre scienze sono riconducibili ad essa, e, in particolare, questa visione si
concretizzava nella luce, considerata “la prima cosa” di tutte. Quindi, tramite
un ragionamento induttivo, essendo la luce riconducibile a linee, cioè un’infinità
di punti, la matematica non poteva essere altro che l’ordine più alto delle
scienze.
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