In ambito letterario, troviamo una
stretta correlazione tra linea e tempo, se consideriamo quest’ultimo come
qualcosa in continuo divenire. Particolari riferimenti li troviamo soprattutto
nella letteratura novecentesca, grazie anche ai progressi compiuti dalla fisica
con la relatività einsteiniana, oltre che a una nuova visione della filosofia
con Bergson, il quale faceva riferimento non più a un tempo assoluto regolato
da leggi fisiche e logiche, ma a quelle soggettive della coscienza e in grado
di far riemergere ricordi nascosti nell’inconscio freudiano. In Italia,
troviamo Pirandello e Svevo, come padri di questa destrutturazione del tempo:
il primo in opere come “Enrico
IV”,
il secondo in “La coscienza di Zeno”. Passando invece in Inghilterra, troviamo
James Joyce (non a caso Svevo trae ispirazione proprio da lui), che concepisce
il cosiddetto “tempo di coscienza”, in cui viene rotta la linea temporale, per cui
non esiste un’evoluzione basata sul tempo cronologico. Negli Usa abbiamo Fitzgerald
con “Il curioso caso di Benjamin Button” (1922) in cui la linea del tempo viene
paradossalmente invertita, infatti un uomo nasce con le sembianze da anziano,
per poi diventare via via sempre più giovane fino a tornare neonato. Passando
invece a tempi recenti, nel 2011, Stephen King pubblica “22/11/’63”, in cui, tramite
un varco spazio-temporale, un uomo riesce a viaggiare nel passato, e cerca di
impedire proprio l’assassinio del presidente Jhon Fitzgerald Kennedy per
evitare gravi conseguenze come la Guerra in Vietnam, la morte di Martin Luther
King e le conseguenti rivolte razziali dei neri; qui lo scrittore statunitense mette
in evidenza una totale rottura della linea temporale, affidando il compito di
riordinarla ai protagonisti.
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