sabato 11 aprile 2020

IL TEMPO IN LETTERATURA


In ambito letterario, troviamo una stretta correlazione tra linea e tempo, se consideriamo quest’ultimo come qualcosa in continuo divenire. Particolari riferimenti li troviamo soprattutto nella letteratura novecentesca, grazie anche ai progressi compiuti dalla fisica con la relatività einsteiniana, oltre che a una nuova visione della filosofia con Bergson, il quale faceva riferimento non più a un tempo assoluto regolato da leggi fisiche e logiche, ma a quelle soggettive della coscienza e in grado di far riemergere ricordi nascosti nell’inconscio freudiano. In Italia, troviamo Pirandello e Svevo, come padri di questa destrutturazione del tempo: il primo in opere come “Enrico IV”, il secondo in “La coscienza di Zeno”. Passando invece in Inghilterra, troviamo James Joyce (non a caso Svevo trae ispirazione proprio da lui), che concepisce il cosiddetto “tempo di coscienza”, in cui viene rotta la linea temporale, per cui non esiste un’evoluzione basata sul tempo cronologico. Negli Usa abbiamo Fitzgerald con “Il curioso caso di Benjamin Button” (1922) in cui la linea del tempo viene paradossalmente invertita, infatti un uomo nasce con le sembianze da anziano, per poi diventare via via sempre più giovane fino a tornare neonato. Passando invece a tempi recenti, nel 2011, Stephen King pubblica “22/11/’63”, in cui, tramite un varco spazio-temporale, un uomo riesce a viaggiare nel passato, e cerca di impedire proprio l’assassinio del presidente Jhon Fitzgerald Kennedy per evitare gravi conseguenze come la Guerra in Vietnam, la morte di Martin Luther King e le conseguenti rivolte razziali dei neri; qui lo scrittore statunitense mette in evidenza una totale rottura della linea temporale, affidando il compito di riordinarla ai protagonisti.

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